Artribune
Registrare un album al Museo Munch di Oslo. Intervista a Mette Henriette
LA GIOVANE PERFORMER, COMPOSITRICE E SASSOFONISTA SÁMI-NORVEGESE METTE HENRIETTE, CHE SI ESIBISCE NEI MUSEI E HA FATTO UNA PERFORMANCE CON MARINA ABRAMOVIĆ, ORA HA REGISTRATO IL SUO SECONDO ALBUM PROPRIO NEL MUSEO DEDICATO A MUNCH
Pubblicato il 20 gennaio 2023, Drifting è l’album che segue l’esordio sfavillante della sassofonista Mette Henriette (Trondheim, 1990) nel 2015 insieme alla storica etichetta jazz ECM (con la cover firmata da Anton Corbijn): un disco intimo che registra la pulsazione creativa della musicista norvegese di origine sámi, il suo respiro interiore, la fotografia di un momento. Lei lo definisce qualcosa di “molto diverso da ciò che ho fatto in precedenza” e un’esplorazione ricca di colpi di scena, come “spesso nella vita accade”.
Accompagnata da Johan Lindvall al piano e Judith Hamann al violoncello, Henriette al sassofono tenore suona con maturità, chiarezza e consapevolezza, caratteristiche che le derivano dalla formazione classica e jazz. Drifting è a tutti gli effetti un concept album dove gli schemi ricorrono, si modificano e ritornano, mentre la voce del sassofono emerge talvolta con forza, per poi nascondersi nelle stesse linee del violoncello, con un interplay perfetto fra i tre interpreti. Abbiamo raggiunto Mette Henriette, che ha registrato questo album nel Munchmuseet di Oslo e che ha inserito nel booklet alcuni disegni di battute della sua musica. Queste multiple dimensioni che arricchiscono la percezione del suono – l’ambientazione, la performance artistica, l’acustica, la magia dell’ambiente, ad esempio – sono cristallizzate nel master “da museo” prodotto nello studio La Buissonne di ECM, con la supervisione dello stesso fondatore Manfred Eicher.
INTERVISTA A METTE HENRIETTE
Qual è il tuo rapporto con l’arte?
L’arte è una parte naturale della mia vita, poiché frequento artisti di ogni tipo nella mia quotidianità. Trovo affascinante come i discorsi si differenzino tra arte contemporanea e musica. E mi piace scoprire come ogni periodo storico produca i suoi artisti. Per me, l’arte può essere ancora più interessante, perché in questi tempi non possiamo più appellarci a canoni prestabiliti su quelli che possano essere i maestri o il contesto sociale, perciò l’arte contemporanea appare più una provocazione o una riflessione intima su questioni aperte dentro di noi. In un certo senso, dobbiamo seguire più noi stessi, siamo noi stessi il nostro pubblico.
Perché hai registrato l’album dentro il museo di Oslo?
È stata una bellissima coincidenza. Il Museo di Oslo stava co-producendo un’opera teatrale a cui stavo lavorando in quel periodo, quindi abbiamo potuto lavorare lì per alcuni giorni. Era prima che aprisse, quindi l’edificio era tranquillo e tra l’altro proprio lì c’era un nuovo pianoforte Steinway, così le registrazioni sono state del livello di un vero studio.
MUSICA E ARTE SECONDO METTE HENRIETTE
Quanto una performance artistica può essere simile a un concerto live? Penso alla tua collaborazione con Marina Abramović.
Non è molto diverso, perché, ovunque mi esibisco, lo spazio, dal punto di vista architettonico, storico e acustico, ha la sua importanza, inconsciamente o consapevolmente. La cosa diventa ancora più suggestiva nei musei e in altri spazi artistici, poiché ci possono essere opere d’arte intorno che sono ulteriori suggestioni capaci di produrre un effetto. Prendere in considerazione tutto questo mentre si offre musica al pubblico può essere una vera impresa, ma quando tutto risuona nella stessa lunghezza d’onda è qualcosa di davvero speciale.
Ti sei esibita anche in altri musei.
Lo scorso dicembre mi sono esibita con il mio trio al Musée d’Orsay di Parigi, il che è stato incredibile per via dell’architettura unica: nel primo set eravamo abbastanza rispettosi dell’acustica dello spazio, riproducendo ogni pezzo così come era scritto; nel secondo siamo andati a briglia sciolta e ci siamo sentiti liberi di ascoltare la reazione dell’ambiente circostante.
— Sara Bonfili